Gli abiti da sposa sono tra le voci a bilancio su cui difficilmente le spose sforbiciano facilmente. Spesso, però, portare a casa il risultato di vendita è più difficile di quanto si possa immaginare. Primo, perché la scelta dell’abito da sposa, in Italia, è ancora fortemente influenzata da chi paga (spesso i genitori della sposa) e in generale dal suo entourage. Secondo, perché l’investimento del tempo dedicato a una sposa non è sempre commisurato all’effettiva conversione.
Ma questo è quello che succede in negozio. E on-line, cosa succede?
La situazione attuale, tra personal branding e poca cura
Gli atelier che hanno più successo nei social network puntano molto sulla personalizzazione, degli abiti ma anche dello stile dell’atelier. La personalità di chi lo gestisce, dello staff e soprattutto del/della CEO può davvero la differenza: chi ha un’importante popolarità sui social network e in generale sul web si organizza spesso con una visione di personal branding. E questo può essere un innegabile valore aggiunto, che viene dato in atelier ma che può essere trasmesso in modo amplificato anche on-line.
Il resto, purtroppo, interpreta sito e canali social come una mera vetrina sterile, dove pubblicare le foto dei capi senza aggiungere altro, né descrizioni (che spesso sono immaginate più per la SEO che per gli utenti reali) né contenuti inediti, originali, utili.
Come è migliorabile la situazione on-line
C’è ampio spazio di miglioramento, per chi vuole togliersi quest’aurea di intoccabilità e vuole diventare un atelier più palpabile e vicino alle spose.
I salotti, i tè e gli eventi con le spose in atelier si sprecano, ormai non hanno più alcun segno di novità, mentre manca completamente, ad esempio, un servizio on-line con una consulente d’immagine, una rubrica di make-up in co-marketing da gestire con le Instagram Stories, la condivisione di foto di real wedding (mantenendo un rapporto di cura del cliente anche post acquisto).
Che ne dici? Ti abbiamo dato qualche spunto in più su cui riflettere?